Riforma giustizia: un arbitro per le cause pendenti

Riforma della Giustizia: si ricorre all’Arbitro per le decisioni delle cause pendenti. Può considerarsi elemento risolutore dei gravi ritardi del processo civile?

Lo spunto nasce da una delle tante vicende giudiziarie vergognose che possono accadere in una Società definita efficacemente “senza Stato” ; questi i fatti.
Due parti contendenti “lottano “ per 18 anni , l’inizio della vicenda risale al  1993, al fine di ottenere una divisione di proprietà immobiliare. Nel 2011 chi aveva promosso il giudizio, decide di presentare ricorso sulla base  della c.d. “Legge Pinto”, che prevede un’equa riparazione in caso di violazione della durata ragionevole del processo. Il decreto di condanna dello Stato Italiano risale allo scorso mese di febbraio, ma di liquidazione effettiva della somma non se ne parla: tutto “congelato” fino al 2016!!.

Quando la causa  si è radicata (1993)  il “sistema economico produttivo”, inteso come forza lavoro, mezzi di produzione, metodi di organizzazione della produzione, il controllo dell’attività produttiva, il contesto socio politico e la struttura della proprietà era agli antipodi  rispetto alla situazione attuale.
Oggi tutto è cambiato perfino i valori delle proprietà immobiliari. Ciò che allora aveva un grande valore intrinseco oggi vale un terzo. E il danno come si quantifica?
Se la causa si fosse conclusa dopo 5 anni, nel 1998 la proprietà avrebbe avuto valori che avrebbero giustificato e permesso un riassetto a nuovo sfruttamento, invece, ora dopo 18 anni di causa, la proprietà si trova in totale abbandono.

18 anni per ottenere una sentenza sono un tempo infinito, ingiustificato che non serve nè alle parti in lite né  ai difensori, peraltro, avvicendatisi per intervenuta morte!
Ed ora altri 4 anni per ottenere, forse, la liquidazione di un modesto importo da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, nonostante il decreto di cui alla Legge Pinto assicuri un’ equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo.
NO questo è un sistema che non funziona!

Nel Preambolo alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 si legge  “…il riconoscimento della dignità specifica e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della società umana è la base di libertà, giustizia e pace nel Mondo. »
Tra i diritti  umani fondamentali  occorre ricordare, oltre al diritto alla vita, al diritto alla libertà individuale, al diritto alla libertà religiosa, al diritto ad un’esistenza dignitosa ecc ecc, anche  il diritto a un giusto processo.

Parto dalle definizione di “giusto processo” che viene data dalla Treccani:
“Espressione con la quale si indica l’insieme delle forme processuali necessarie per garantire, a ciascun titolare di diritti soggettivi o di interessi legittimi lesi o inattuali, la facoltà di agire e di difendersi in giudizio.”

La nostra Costituzione se ne occupa specificamente nell’ art. 111 ,così riformato con la l. cost. n. 2/1999, che   contiene al 2° comma i principi cardine  del  Diritto processuale civile e Diritto processuale penale ossia  il principio del contraddittorio,  principio dell’imparzialità del giudice ed inoltre proprio il principio della ragionevole durata del processo.

Ora nel nostro Ordinamento Giuridico sembra che questa tensione “….a garantire…” cittadini e cittadine, un “giusto processo” sembra sia diminuita.
Nemmeno  la “Legge Pinto” ,quale tentativo di concretizzare a livello di legislazione ordinaria il predetto principio,  ha prodotto effetti.
Ora gli interventi di riforma in materia di “degiurisdizionalizzazione” che riguardano il processo civile, prevedono la possibilità di trasferire la causa “congelata” dal Giudice all’Arbitro, qualora le parti siano d’accordo nel promuovere un procedimento arbitrale con le regole contenute nel codice di procedura civile.

Qual è la novità?
Per le cause civili pendenti avanti al Tribunale e in grado d’appello, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, le parti se saranno d’accordo, potranno presentare domanda per promuovere un procedimento arbitrale.
Il Giudice verificate le condizioni di ammissibilità dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell’Ordine del circondario in cui ha sede il Tribunale o alla Corte di Appello per la nomina del collegio arbitrale.
Una volta nominato il Collegio Arbitrale, il Giudice dovrà trasferire il fascicolo al Collegio nominato, che procederà nell’istruttoria della causa fino alla sua decisione (Lodo), in tempi brevi.
Le cause pendenti da molti anni o comunque congelate per assenza del Giudice istruttore o in attesa della decorrenza dei lunghi rinvii disposti dal Giudice, potranno essere così “sbloccate” e le parti potranno ottenere, in tempi brevi, la decisione della loro controversia entro 120 giorni dall’accettazione della nomina del Collegio arbitrale o dell’Arbitro unico.

Quali sono i vantaggi?
Sblocco delle cause “congelate” o di quelle in attesa della decorrenza dei lunghi rinvii assegnati;
Smaltimento del contenzioso arretrato;
Definizione in tempi brevi del contenzioso;
Riconoscimento del ruolo fondamentale degli avvocati quali operatori di giustizia  per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia.

Quali gli svantaggi?
Mancata previsione di facilitazioni fiscali da applicarsi al trasferimento del fascicolo di causa dal Giudice all’Arbitro;
Mancata Determinazione di un “equo compenso” all’arbitro;
Previsione di un criterio secondo il quale la scelta dell’Arbitro debba avvenire tra avvocati iscritti almeno da 10 anni all’Albo di appartenenza
Obbligo di formazione dell’avvocato che vuole esercitare la funzione di Arbitro

Lo “Ius dicere” richiede competenza, esperienza e terzietà nell’avvocato che decide in qualità di Arbitro.

Occorrerà attendere che il decreto “sbarchi” in Parlamento, nel prossimo mese di novembre, per le eventuali modifiche e la sua conversione in legge.