No agli onorari per attività stragiudiziale senza specifico mandato

Con la pronuncia 31 gennaio 2014, n. 2153, la Corte di Cassazione ha statuito entro quali limiti l’avvocato possa pretendere il pagamento dei propri onorari per prestazioni relative a transazioni conseguenti all’instaurazione di un giudizio.
Il caso: un avvocato, dopo aver ricevuto idoneo mandato, aveva agito in via monitoria al fine di ottenere il recupero del credito vantato da un condominio nei confronti di alcuni condomini morosi. Al ricevimento del decreto ingiuntivo il Condomino moroso contattava l’amministratore del Condominio. Il condominio e i condomini morosi si accordavano in via transattiva. L’avvocato però richiedeva il pagamento degli onorari, non solo quelli relativi alla fase monitoria, ma anche quelli relativi alle attività stragiudiziale. Il condominio respingeva la richiesta, sostenendo che nessun mandato era stato conferito all’avvocato per lo svolgimento di tali attività e comunque nessuna attività era stata svolta dal legale in tale senso. Si radicava un contenzioso e nel corso dei primi due gradi di giudizio, venivano accolte le argomentazioni sollevate dal condominio. L’avvocato procede alla proposizione del ricorso per cassazione.
La Corte si è pronunciata sul fondamento o meno dell’estensione dell’originario mandato ad agire giudizialmente: dunque se con il conferimento di detto incarico il Condominio abbia, o meno, conferito anche l’incarico per lo svolgimento di ulteriori attività in fase stragiudiziale.
A seguito dell’istruttoria espletata dal giudice di primo grado era emerso, poi confermato in sede di appello, che l’avvocato non avesse dato alcuna prova di aver ricevuto un autonomo incarico per assistere il condominio durante le trattative. Poiché le risultanze istruttorie negavano la sussistenza di un autonomo mandato, la pretesa dell’avvocato poteva fondarsi sulla sola prospettazione secondo cui a fronte del primo incarico conferito, quello di procedere giudizialmente al recupero dei crediti nei confronti dei condomini morosi, posta la volontà del condominio di definire transattivamente tale pretesa creditoria, l’espletamento dell’incarico di assisterlo nella fase di stipulazione della transazione non era altro che una delle possibili modalità di soddisfacimento delle ragioni del cliente. Secondo questa prospettazione, dunque, le prestazioni di assistenza della parte che intenda addivenire alla transazione della lite costituiscono una naturale esplicazione dei poteri già conferiti con il mandato e non richiedono il conferimento di un ulteriore incarico.
La Corte ha, invece, ritenuto che le risultanze istruttorie dalle quali è emersa la completa estraneità dell’avvocato alle trattative stragiudiziali confermano che non vi è alcun al compenso preteso dall’avvocato.
La Corte evidenzia come la disciplina codicistica relativa al rapporto di mandato prevede che, ai sensi dell’art. 1708 c.c., fra le attività del mandatario debbano essere ricomprese solo quelle che si riconnettono all’attività espressamente consentita e che ne costituiscono un ulteriore svolgimento naturale, mentre quelle attività che non si pongono come necessarie e consequenziali per l’adempimento del mandato originario necessitano del conferimento di un ulteriore mandato. Dunque nella fattispecie esaminata la Corte ha ritenuto che non sussista alcun nesso di naturale continuazione fra l’azione giudiziaria e l’accordo transattivo, in quanto l’attività di transazione nei confronti dei condomini morosi si poneva come meramente eventuale ed ulteriore rispetto a quella originaria volta al recupero del credito originario.