L’avvocatura deve raccogliere la sfida della degiurisdizionalizzazione. Realizzare concretamente la Giustizia

“Già nel marzo dell’anno scorso, con un mio editoriale, “una proposta eterodossa”, avevo evidenziato la necessità di ampliare le competenze dell’avvocatura e, soprattutto, di quanto possa essere importante il ruolo degli avvocati nel disincentivare il ricorso al contenzioso avanti il Giudice togato, mediante mezzi alternativi come l’arbitrato, la negoziazione assistita, la mediazione, la conciliazione.

Chi meglio dell’avvocato può impostare una mediazione di interessi contrapposti fra le parti? Ed ancora, perché precludere alla clientela la strada dell’arbitrato, per ottenere una decisione, il lodo, in tempi brevi o comunque ragionevoli, a seconda dell’importanza e della complessità delle questioni? Occorre mettere da parte il reiterato, quanto immotivato, pre-giudizio, in merito alla competenza, terzietà, indipendenza dell’avvocato che assume il ruolo di arbitro.

Tale “malcostume” è stato alimentato in questi anni, non tanto dalla mancanza di competenza dell’avvocatura, ma da una mancanza di “formazione”, di “postura” che l’avvocato deve assumere quando accetta il ruolo di arbitro, di mediatore, di conciliatore e da costi eccessivamente elevati.

Lo stesso pre-giudizio è diffuso nei confronti della mediazione, della negoziazione assistita, strumenti che, se utilizzati secondo le regole dettate per impostare al meglio la risoluzione di interessi confliggenti tra le parti, contribuiscono e, ritengo, contribuiranno sempre più, a ridurre le migliaia di cause pendenti, spesso promosse anche per modesti valori.

E’ opinione diffusa che la giustizia civile sia in grande difficoltà, per diverse ragioni, non ultima l’organizzazione amministrativa presso i Tribunali. Nonostante il processo telematico e le riforme, le controversie sottoposte al Giudice togato sono di numero elevatissimo, tanto che la stessa magistratura non riesce a risolvere tempestivamente le cause sottopostole.

Infatti, il numero di processi civili sfiora ancora i 5.000.000, un numero esorbitante che rischia di allontanare il cittadino dai valori democratici per “denegata giusitizia”.
A questo proposito, mi riferisco all’illuminante, quanto condivisibile intervento dell’Avv. Remo Danovi, nella sua qualità di Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, sul sole 24Ore del 14 Ottobre u.s., nel quale l’avv. Danovi, ponendosi la domanda su quali potrebbero essere le molteplici cause di queste insufficienze (“non è qui il caso di indagarle: troppi avvocati, troppi litigi, pochi giudici?”), risponde che forse dovremmo occuparci più diffusamente di “…un problema di cultura e di educazione alla legalità”.

Sono d’accordo con l’Avv. Danovi nel ritenere che, riscontrata “oggettivamente la situazione”, il Legislatore ha ricercato “…mezzi alternativi di risoluzione delle controversie in tutti i modi possibili” e quindi ha, dapprima imposto obbligatoriamente la mediazione, come condizione preliminare per esperire l’azione giudiziaria, poi ha permesso il passaggio della controversia dal Giudice ordinario ad un Collegio Arbitrale, ed ancora ha affidato agli avvocati e alle parti la legittimazione a definire le liti con un accordo, la c.d. negoziazione assistita, con la conseguenza che tutto ciò sta portando allo “sgretolamento dell’universalità della giurisidizione”. Il fututo è dunque chiaramente delineato, sostiene l’Avv. Danovi.

Mi associo nel ritenere che l’avvocatura deve, fin d’ora, raccogliere la “sfida” per “realizzare concretamente la giusitizia”.
Ritengo che la dignità dell’avvocatura si eleverà “Tanto più potranno affermarsi pratiche conciliative o negoziazioni alternative, quanto più i nuovi organismi deputati a definire le liti sapranno competere per qualità, integrità e indipendenza, con i soggetti che ora costituiscono l’apparato dello Stato”.