Sostengo che l’avvocatura debba intraprendere un percorso culturale idoneo a farla uscire dal pantano lamentoso dell’immobilismo concettuale secondo cui nulla funziona e comunque bisogna resistere a ciò che è nuovo quasi fosse apoditticamente sbagliato!
Voglio uscire dal coro disfattista e attendista che non fa nulla per affrontare il cambiamento, innovare è sinonimo di evoluzione. Del resto grandi mutamenti sono avvenuti, grazie alla tecnologia informatica, a prescindere dalla nostra volontà e fare resistenza ci condanna alla marginalità anche economica: la dematerializzazione degli atti di causa è già una realtà, a giugno entrerà in vigore il processo telematico, tramite PEC l’avvocato invia alla cancelleria l’atto introduttivo della causa (Atto di citazione) con allegati tutti i documenti a sostegno della strategia difensiva.
Si potrebbe dire che finalmente la giustizia togata si dota degli stessi strumenti della cd. “giustizia alternativa” che , attraverso la procedura arbitrale, digitalizzata e limitata nella durata, è la risposta più congrua per risolvere in breve tempo controversie che insorgono nei rapporti commerciali e di fornitura tra le Aziende. Infatti, il Codice di Procedura Civile permette, in caso di controversia, che le parti si rivolgano al Tribunale Arbitrale qualora abbiano sottoscritto un “compromesso” o una “ clausola compromissoria” o una convenzione arbitrale. Ad esempio le parti, nel contratto che andranno a stipulare possono inserire la “clausola compromissoria” che permette, in caso di controversia, di farla decidere o da un Arbitro Unico o da un Collegio Arbitrale.
Nello stesso modo le Parti possono stabilire con apposita “convenzione” che le controversie future, relative a uno o più rapporti non contrattuali, possano essere decise da Arbitri. Sussistendo tale clausola il giudizio non potrà che essere deciso da Arbitri. L’Arbitro Unico o i componenti del Collegio Arbitrale possono essere nominati dalle stesse parti o in caso di disaccordo dal Presidente del Tribunale oppure dal Presidente della Camera di Commercio del luogo dove è sorta la controversia. Qualora nella clausola compromissoria o nella convenzione le parti abbaino fatto riferimento ad un Organismo arbitrale, come ad esempio le Camere Arbitrali istituite presso le Camere di Commercio o le camere arbitrali istituite presso organismi privati (Unione Camere Civili ecc) l’arbitrato è definito “amministrato”.
L’ arbitrato “amministrato” è la procedura arbitrale dove l’Organismo Arbitrale ha adottato un “Regolamento” che deve essere rispettato dalle parti. Nell’ipotesi che le parti abbiano richiesto la nomina di un Arbitro Unico, con procedura amministrata secondo il Regolamento adottato da un organismo arbitrale autonomo, quest’ultimo nomina l’arbitro scegliendolo tra i nominativi esistenti in un elenco di arbitri, solitamente ammessi per competenza, dignità, indipendenza e terzietà. L’Arbitro nominato deve dichiarare a sua volta che non ha alcun rapporto con le parti e nessun motivo di incompatibilità. Con l’accettazione dell’Arbitro o del Collegio Arbitrale, la procedura rituale ha inizio e le parti, rappresentate dai rispettivi avvocati, depositano gli atti in difesa dei reciproci assistiti. L’Arbitro unico o gli arbitri del Collegio possono essere sempre ricusati, cioè respinti, qualora sussistano fondati motivi, e sostituiti. L’Arbitro o il Collegio esaminano i documenti ed ascoltano i testi indicati dalle parti , concludendo questa fase denominata “istruttoria” in una o due udienze.
Nel rispetto del “principio del contraddittorio” l’Arbitro ascolta le parti, concede termini per i depositi delle memorie (atti di parte) a ciascuna parte. Quando ritiene che la controversia sia diventata “matura” per la decisione chiede agli avvocati di fare un atto conclusivo dove vengono riassunte le difese e le domande di ciascuna parte. Successivamente l’Arbitro deposita il “Lodo”, equivalente ad una sentenza provvisoriamente esecutiva, che permette alla parte vincitrice di richiedere a quella soccombente il pagamento immediato del dovuto. In caso di inadempienze si possono ottenere le dovute garanzie a tutela del proprio credito, con iscrizione ipotecaria su immobili di proprietà, pignoramenti su macchinari o crediti presso terzi, che la parte soccombente deve riscuotere a sua volta da aziende debitrici. Solo in questo modo si tutelano i diritti in tempi brevi e costi equi. Si giunge al Lodo entro il termine stabilito dal Regolamento della Camera Arbitrale o dei contendenti e raramente questo viene depositato oltre i 18 mesi dall’accettazione dell’Arbitro.
L’Arbitro deposita il “Lodo” che altro non è che una “Sentenza”, provvisoriamente esecutiva che permette alla parte vincitrice di richiedere immediatamente il pagamento del dovuto alla parte soccombente e, nel caso quest’ultima non adempia, di ottenere le dovute garanzie a tutela del proprio credito, con iscrizioni ipotecarie su immobili di proprietà, pignoramenti su macchinari, autovetture, esecuzioni presso terzi ossia, per esempio, pignoramento di crediti che la parte soccombente deve riscuotere a sua volta da aziende debitrici. La procedura arbitrale tutela i diritti delle parti in tempo assai ridotto e a costi equi, in proporzione al valore della controversia e al tempo occorso per arrivare al “lodo”.
L’Arbitro deve giungere al lodo entro il termine stabilito dalle Parti e comunque, a seconda dei casi, dell’eventuale proroga concessa dalle stesse parti in relazione anche alle difficoltà del contenzioso radicatosi davanti all’Arbitro. Un buon arbitro deposita il Lodo non oltre i 18 mesi dalla sua accettazione.